" Tutto si trasforma, Nulla si distrugge "

martedì 24 novembre 2009

martedì 13 gennaio 2009

Bratislava: ultimato il RELAXX center


È stato ultimato a Bratislava ilRELAXX sport and leasure center, un edificio multifunzionale progettato dagli architetti slovacchi  Andrea Klimková e Peter Kručay alla guida di AK2 architectural studio.
 
La struttura sorge lungo Einstein street, su un lotto stretto e lungo che ne ha determinato la geometria di base. In pianta l’edificio raggiunge i 100 metri in corrispondenza dell’asse più lungo, mentre in ampiezza di estende sino a 20 metri sul lato ovest e per 14 m sul lato est.
 
I progettisti definiscono l’opera “dinamica e poetica al tempo stesso”. Da un lato una massa compatta poggia su quattro pilastri in cemento a forma di U capovolta, per poi innalzarsi su due livelli. Il lato opposto dell’edificio poggia su un cuboide di 2 piani.
I complessivi sei piani della struttura raggiungono la stessa altezza del vicino mobilificio denominato Atrium.
 
Caratterizza la struttura una alternanza di trasparenza e opacità. La parte solida della superficie più esterna è rivestita in zinco titanio color grigio chiaro. Tale rivestimento avvolge l’intero volume abbracciandolo su tre lati. Ne risulta un volume a forma di C. La facciata nord e i due lati più corti sono invece completamente vetrati.

Al primo piano trovano spazio bar e negozi; il secondo piano accoglie un centro benessere; il terzo piano ospita un campo da golf al coperto, un bioristorante, un solarium ed uno spazio di giochi per bambini; quarto e quinto piano sono dedicati alle attività sportive, acquatiche e non, e di intrattenimento. I due piani interrati sono occupati da parcheggio e spazi di servizio.

lunedì 12 gennaio 2009

Cuneo: la B-House dello studio Damilano

Un Fronte completamente svuotato caratterizza B-HOUSE, un rifugio senza segreti dove si è spettatori del paesaggio offerto dalle montagne piemontesi.
La casa si sviluppa orizzontalmente con un’infilata di locali che terminano nella cucina, vero e proprio binocolo puntato sul paese. Il volume in aggetto sovrasta l’accesso all’autorimessa e sorveglia l’ingresso alla proprietà.

In direzioni opposte, la casa si sviluppa a nord con il corpo delle camere in un’atmosfera più intima e intimista e a sud con la piscina, ampio specchio d’acqua, riflessi e luce.
Il piano abitato è uno spazio immacolato, corrotto dalla matericità di una parete in pietra fossile e dalle macchie di colore di alcuni arredi.
Il piano primo è riservato ai padroni di casa e ospita un’ampia camera, la cabina armadi e la sala da bagno.

I tetti piani sono ampi terrazzi, alternative sospese al relax del giardino.

La notte emergono le profondità dei volumi e le fughe evidenziate da tagli luminosi e contrasti chiaro/scuri.

Casa Presenhuber: un progetto di AFGH



Sorge nel piccolo villaggio di Vná, nella periferica ed incontaminata valle alpina della Svizzera denominata Bassa Engiadina. Si tratta di Casa Presenhuber, una abitazione per le vacanze progettata dagli architetti zurighesiAndreas Fuhrimann e Gabrielle Hächler.
 
“La maggiore sfida – spiegano i progettisti – è consistita nel far convivere l’antica magia del villaggio con la tendenza più moderna incarnata nella casa di villeggiatura di un gallerista di successo. Il nostro obiettivo è stato sviluppare un linguaggio formale che rivelasse una certa vicinanza con la tradizionale architettura dell’Engiadina restando al tempo stesso riconoscibile come espressione della contemporaneità”.
 
A causa degli incendi che più volte hanno colpito il villaggio, le originarie strutture in legno sono state gradualmente sostituite da abitazioni in pietra. La scelta dei progettisti di utilizzare il cemento come materiale principale intende rendere giustizia ad un contesto in cui la pietra risulta dominante.
Pannellature in legno sono state realizzate soltanto per le pareti divisorie interne e per il soffitto della zona giorno e delle camere da letto, al fine di rendere gli ambienti più caldi e confortevoli, da tradizionale abitazione di montagna.
 
L’abitazione si sviluppa su tre piani collegati da una sola rampa di scale. Al primo piano trovano spazio tre camere da letto insieme ai servizi. Zona giorno con caminetto e cucina occupano il piano superiore, caratterizzato da un tetto a due spioventi sostenuto da strutture in cemento. Una imponente finestra a bovindo offre un suggestivo panorama sul paesaggio montuoso all’esterno.
 
L’utilizzo di calcestruzzo cellulare, scelta con cui i progettisti intendono recuperare l’antica tradizione, ha consentito di realizzare pareti la cui superficie rivela un effetto omogeneo piuttosto che a strati.
Le due finestre a bovindo che interrompono la geometria dell’edificio evocano le tipiche deformazioni delle vecchie strutture del luogo con frequenti sporgenze angolari. Tipici dell’area sono inoltre la struttura in legno del tetto ed il sottile rivestimento in fogli, sebbene il dettaglio riveli una indiscutibile astrazione in chiave contemporanea.

Maciachini Center


Business park destinato al terziario dove lavoreranno oltre 4mila persone: un grande progetto urbano per nuovi uffici, ma anche un teatro-museo, un centro fitness con negozi di vicinato, un foodpark e spazi pubblici per il tempo libero.

Il ripristino di vecchi edifici destinati a nuove funzioni fa parte di quel sistema di mutamenti propri delle grandi metropoli contemporanee in avanzata fase di trasformazione attraverso la riconversione di aree industriali dismesse. Il Maciachini Center, infatti, sorge sul’ex area dello storico complesso Carlo Erba, una delle maggiori industrie mondiali per la produzione di farmaci e reagenti chimici, nato alla fine dell’Ottocento e sviluppatosi fino a occupare un’area di circa 100.000 mq che con la crisi industriale degli anni settanta, è stato progressivamente dismesso fino alla chiusura nel 1998.

Commissionato alla società Europa Risorse, la realizzazione del complesso Maciachini ha l’obiettivo di riqualificare integralmente l’area preesistente (tra piazzale Maciachini e il Parco Nord) e di ricostruire l'isolato urbano portando la città “dentro la costruzione”, e non viceversa.

Il complesso si compone di tre grandi volumi, orientati secondo i principali allineamenti del lotto, due dei quali uniti da una struttura di collegamento trasparente per formare in pianta una figura a forma di H. Un passaggio pubblico che unisce a tutti i piani i due edifici, apre un passaggio diagonale da est a nord e permette di raggiungere l’area verde.

L’impostazione architettonica è evidenziata dall’integrazione delle parti vetrate con la struttura, e dai precisi e liberi tagli spaziali che trascendono i volumi, valendosi della perfezione tecnologica e materica dell’alluminio.

La dimensione, una sorta di ordine gigante fatto di cristalli, diviene un’icona contemporanea di riferimento pur sempre entro quel racconto urbano che si esprime per allineamenti e proporzioni che nascono da un’osservazione attenta dell’intorno.
La trasparenza, pur nell’immagine di un’architettura connotata da un linguaggio che declina tutti gli aspetti delle nuove tecnologie, cerca un rapporto di simbiosi con il verde e con la luce che avvolge e compenetra le forme dell’edificio.
La ricerca della dissoluzione della soglia o del limite che separano solitamente l’esterno dall’interno, ha indotto il ricorso alla facciata a doppia pelle che sta realizzando Stahlbau Pichler. Le cellule a doppia pelle montate su profili di alluminio, appositamente realizzati da AluK, utilizzano esternamente vetri serigrafati in trenta colorazioni diverse e brise soleil apribili elettronicamente per rompere l’incidenza diretta dei raggi solari e, allo stesso tempo, assumere il ruolo caratterizzante nei prospetti.

L’attenzione dedicata al progetto al fine di generare luci e ombre per dare un’identità nuova allo spazio architettonico, crea una sorta di nuovo linguaggio teso più alla percezione visiva che all’involuzione della forma architettonica a se stante. Forma architettonica e funzione trovano così la loro sintesi nel linguaggio espressivo, che si realizza dall’unione dell’oggetto esposto e dallo spazio architettonico.

Tutto l’edificio è retto da una strategia ambientale che riduce il consumo energetico di oltre metà rispetto ad un normale fabbricato.

Nuova sede laboratori farmaceutici Guna


L’intervento ha previsto la riqualificazione integrale di un edificio industriale risalente agli anni ’50 localizzato in Via Palmanova a Milano. Lo stabile è costituito da 5 piani fuori terra più uno interrato, a pianta rettangolare con i due corpi scala situati alle estremità opposte. 

La componente innovativa dell’intervento si caratterizza per l’attenzione all’immagine finale del manufatto architettonico, oltre che per le innovazioni adottate in sede di adeguamento strutturale dell’edificio, la realizzazione dei nuovi impianti e le distribuzioni funzionali interne. Trasformare un anonimo edificio industriale in un oggetto architettonico capace di “informare” con l’immagine il nuovo utilizzo innovativo e l’approccio ecosostenibile dei prodotti di Guna, è stata una scelta atipica se confrontata con altri interventi analoghi su edifici considerati meramente beni strumentali alla produzione.

La struttura della facciata
L’elemento più espressivo dell’intero intervento risulta la facciata vetrata che ricopre il fronte principale dell’edificio, prospiciente Via Palmanova. Si presenta con una struttura ventilata opaca “accostata” alla muratura esistente e da essa distanziata di circa 20 cm, in modo da creare un’intercapedine di ventilazione naturale che contribuisce alla climatizzazione degli ambienti interni. Tale esigenza nasce dalla necessità di avere un’atmosfera controllata per evitare alterazioni dei prodotti omeopatici sensibili a sbalzi di temperatura e luce.
Gli altri prospetti sono ricoperti da pannelli di lamiera stirata con una finitura realizzata in verniciatura tinta rame accostati a vetri color bronzo

Un premio per la ristrutturazione
L’involucro dell’edificio progettato da Polis engineering, ingegne¬rizzato e realizzato da Sipam, ha vinto il premio nazionale “Aluminium in renovation 2007”, grazie agli aspetti innovativi tecnologici e di immagine adottati. Questi si sono tradotti in un nuovo disegno formale integrato alla pelle esterna non trasparente, realizzato con specchiature vetrate serigra¬fate a smalto e elementi in alluminio (montanti e traversi) in parte visibili all’esterno con sezioni di particolare design.

Il giardino sensoriale
Il percorso esterno di accesso all’edificio avviene attraverso un giardino progettato e realizzato dall’artista-artigiano di origine macedone Dashimir Arifi. Il suo intento è stato quello di catturare i sensi del visitatore, e distrarlo dal traffico del viale antistante.
Dall’ingresso su strada, il visitatore percorre una passerella caratterizzata da trasparenze, dalla quale fuoriescono vapori d’acqua profumata oltre alle diverse note prodotte da gocce d’acqua che cadono su piatti di rame di diverso raggio. La percezione visiva è data da ulteriori giochi d’acqua e installazioni verdi.

Casa em Lousado


L’abitazione sorge a Lousado, in una zona rurale caratterizzata dalla presenza di un fiume e di una tenuta agricola familiare di 3mila metri quadrati. Caratterizzano la tenuta lunghe piattaforme che conducono verso il fiume, con muri spessi e alberi di frutta che distinguono le diverse aree.

L’ultimo piano dell’abitazione ospita l’accesso alla vecchia tenuta, nonché la maggior parte dei collegamenti con la struttura esistente sul lato nord, privo di particolare caratterizzazione. Di qui la scelta dei progettisti di realizzare una nuova architettura che si affacciasse sul lato sud e sul fiume, l’area meno costruita e caratterizzata dalla presenza del verde.

“Mantenere la maggior parte delle meravigliose pareti tradizionali è stato fondamentale – spiegano gli autori del progetto – nella misura in cui ha consentito l’organizzazione spaziale dell’abitazione, stabilendo una particolare relazione sia con le pareti vetrate che con il cemento”.

La casa ingloba in sè uno dei muri che separano due piattaforme originariamente appartenenti ad una casa di due piani, ciascuna con una propria diretta relazione con l’esterno. La parete irrompe improvvisamente all’interno della nuova abitazione, passando attraverso le ampie vetrate. Ne risulta una interessante definizione degli spazi interni al piano terra, dove zona giorno e cucina risultano fortemente caratterizzate dalla struttura del vecchio muro esterno.

L’ingresso principale dell’abitazione è ubicato al secondo piano. L’elevazione in corrispondenza dell’ingresso è disegnata da un volume bianco al quale corrisponde, all’interno, un enorme guardaroba che trova spazio nella camera da letto. Sullo stesso lato è stata realizzata la scala che conduce al piano inferiore.

Apre a febbraio il Music Theatre di Graz


Dopo dieci anni di lavori, è stato ultimato l’Haus für Musik und Musiktheater (MUMUTH) dell’Università di Graz, in Austria. L’inaugurazione è attesa nel mese di febbraio. Il progetto del nuovo teatro per la musica porta la firma di Ben van Berkel di UNStudio.
 
A dare forma alla struttura, una spirale orientata orizzontalmente, le cui estremità si intrecciano con il punto centrale definendo l’organizzazione degli spazi interni.
“Il principio di una spirale che si scompone in tante spirali più piccole orientate in verticale e in diagonale diventa un importante modello architettonico che noi chiamiamo blob-to-box”.
Un modello che prevede un volume semplice e rigoroso (la scatola), ed una serie di volumi concepiti per ospitare il movimento (il blob, inteso come intreccio e contaminazione di spazi).
Nel Music Chetare di Graz l’organizzazione “a scatola” occupa il lato destro, mentre il “blob” trova spazio sul lato sinistro.
 
L’edificio è dotato di due ingressi, uno per studenti e staff ed un altro per il pubblico durante le rappresentazioni. Una grande scala all’ingresso conduce il pubblico al primo piano. Qui un ampio foyer dà accesso ad un auditorium con 650 posti a sedere, adattabile a differenti tipi di rappresentazioni, sia di danza che musicali. La flessibilità del foyer è consentita da una struttura a spirale che collega l’ingresso dell’auditorium alla sale da musica al piano di sopra, unendo così in una sorta di torsione i tre livelli di questo lato dell’edificio. 
Realizzata in cemento, la spirale è illuminata da un lucernario nel soffitto rivestito da lamelle di legno scuro che si aprono a onda. 

venerdì 26 dicembre 2008

Pronta la Los Angeles High School di Coop Himmelb(l)au


Sono giunti al termine i lavori di costruzione per la Central Los AngelesArea High School, la nuova struttura destinata ad ospitare la scuola media e superiore insieme alle accademie di arti visive, arti sceniche, musica e danza di Los Angeles. Il progetto architettonico è stato messo a punto dai progettisti austriaci dello studio Coop Himmelb(l)au.
 
Ubicata in una posizione centrale, la nuova High School di Los Angeles si aggiunge alla lista dei prestigiosi edifici culturali che sorgono lungo la Grand Avenue: la Disney Concert Hall, il Music Center, la Colburn School of Music, il Museum of Contemporary Art e la Cathedral of our Lady of the Angels. 
 
Il nuovo campus nasce dalla combinazione di sette edifici: un teatro per le arti sceniche con 1000 posti a sedere, quattro strutture per le aule di ciascuna accademia, una biblioteca ed una caffetteria.
 
Il progetto nasce dall’idea di utilizzare l’architettura come simbolo attraverso il quale comunicare l’impegno della comunità urbana verso l’arte.
Simili alle figure degli scacchi, tre edifici dalla geometria scultorea ridefiniscono spazialmente l’assetto ortogonale dell’area.
 
A partire dall’ultimo piano del teatro si sviluppa una torre con una rampa esterna a spirale che sembra disegnare un 9. Si tratta di una struttura concepita come elemento immediatamente riconoscibile per gli studenti, nonché come icona d’arte per la città. All’interno la torre ospiterà eventi, conferenze e spazi espositivi.
 
L’ingresso pubblico principale sulla Grand Avenue, una grande hall di rappresentanza, collega la scuola con il corridoio culturale. Come una testa di ponte, la hall di ingresso collega il campus con le strutture ubicate sul lato opposto della strada.
 
La biblioteca trova spazio in un tronco di cono inclinato posizionato nel cuore del cortile interno della scuola. Un unico grande lucernario circolare consente l’illuminazione naturale degli spazi interni.
 
I quattro edifici che ospitano le aule delle rispettive accademie disegnano il perimetro ortogonale del cortile interno della scuola. Ciascun edificio presenta un corridoio centrale che funge anche da galleria espositiva.
 
In aggiunta all’ingresso pubblico sulla Grand Avenue, i sette edifici del nuovo campus di Los Angeles dispongono di un secondo ingresso di rappresentanza: l’entrata principale della scuola, una enorme scala all’aperto che conduce direttamente nel cortile della scuola con la biblioteca a forma di cono al centro e il teatro con la torre in fondo.

Casa Ozuluama: un origami a Città del Messico


Sorge nel cuore di Città del Messico il quartiere Condesa, costruito in passato attorno ad un ippodromo ed oggi divenuto la zona residenziale più vivace della città. È qui che trova spazio “Casa Ozuluama”, un attico con due terrazze ed un belvedere costruito su un edificio storico di tre piani. Il progetto porta la firma dello studio Architects Collective & at.103. Iniziati ad ottobre del 2007, i lavori sono stati ultimati nel maggio scorso.
 
La particolare geometria del volume evoca la sensazione di una struttura che stia quasi fluttuando sulla topografia urbana di Città del Messico. I progettisti la paragonano ad un origami, in virtù della combinazione dinamica di volumi ripiegati su se stessi che caratterizza il progetto.

Abitata dai proprietari soltanto sei mesi l’anno, Casa Ozuluama è nata per ospitare per il resto del tempo gli amici che decidono di fermarsi in città. Di qui l’idea di una geometria dinamica in grado di rappresentare l’idea di un abitare “temporaneo”, con un’alternanza continua di spazi interni ed esterni e molteplici visuali sulla città.
 
La struttura dell’edificio è stata realizzata in acciaio ed interamente rivestita in pannelli di Corian color grigio perla. Per la pavimentazione è stato invece utilizzato il marmo “Santo Tomas”, un materiale locale normalmente utilizzato per la pavimentazione di stazioni metropolitane, chiese ed altri spazi pubblici. Una scelta che testimonia la volontà dei progettisti di far entrare la città in uno spazio privato, al fine di sottolinearne l’aspetto transitorio e temporaneo.

venerdì 19 dicembre 2008

Paolo Caputo firma la ‘Porta Sud’ di Milano


Sembrerà un enorme schermo quadrato in vetro e acciaio sospeso a 20 metri da terra, e si proporrà come metaforica “Porta Urbana” della città dell’Expo. Si tratta diPalazzo Famagosta, un edificio destinato al terziario che, destinato a sorgere all’ingresso in città dall’autostrada dei Fiori, si configura quale nuova “Porta Sud” di Milano. Il progetto porta la firma dell’architetto milanese Paolo Caputo alla guida dello studio Caputo Partnership.
 
Per chi arriverà da Sud o, al contrario, uscirà dalla città in direzione di Genova, il nuovo edificio sarà visibile da notevole distanza, e si presenterà come un grande “schermo quadrato” con misura di circa 70 x 70 metri.
 
Il corpo di fabbrica, a forma di parallelepipedo, è scomposto in due sottili volumi tra loro traslati in senso verticale e sostenuti da alti pilastri rispettivamente a 16 e a 20 metri dal suolo. Alla classicità dell’immagine frontale risponde, nella visione ravvicinata e di scorcio, quella più articolata del fabbricato a sezione “bicuspidata”, che ricorda le forme e i volumi di origine “gotica”.
 
Il corpo in elevazione, “sospeso” da terra, si innesta all’interno di un volume cavo il cui “cratere”, disegnato da un’ampia ellisse, genera al piede dell’edificio una corte-piazza.
L’equilibrio formale degli spazi, con i diversi servizi – la lobby d’ingresso integrata da sale e salottini di ricevimento, il bar, il ristorante, la palestra – mira a conferire un senso di intimità e di quiete in contrapposizione alla vastità e al “caos urbano” del contesto circostante.
 
Alla corte-piazza, rialzata dal livello stradale e sovrapposta al volume dei parcheggi, si accede in automobile o a piedi attraverso un percorso protetto che parte dal piazzale compreso tra il Parcheggio Famagosta (connesso con la linea metropolitana 2) e un nuovo Megastore che sorgerà nell’area. Da tale percorso pedonale si potrà apprezzare la dialettica tra le due componenti del progetto: l’architettura dell’edificio e quella del paesaggio, espressa in particolare dal volume destinato a servizio ai piedi dello stesso.
 
Nel Palazzo, dove troveranno spazio uffici e funzioni complementari, il verde riveste un ruolo importante: il giardino pensile che caratterizza l’ingresso all’edificio è riproposto al 15° livello degli uffici in una terrazza giardino: un immenso belvedere che guarda il sud di Milano e la Pianura Padana. Lo spazio del giardino pensile è delimitato da una struttura metallica a traliccio che ha il compito di sostenere le vaste superfici di pannelli fotovoltaici.
La stessa tipologia di copertura caratterizza il coronamento del secondo semivolume che accoglie, nella parte centrale, una sala di rappresentanza affacciata sul paesaggio urbano a Nord e quindi sul cuore della città, mentre sui lati ospita una cospicua parte degli impianti tecnologici previsti.
 
Le facciate dell’edificio sono in vetro strutturale con brise-soleil in alluminio e tende interne sui fronti lunghi. I coronamenti a sezione cuspidata sono in profili d’acciaio, integrati da pannelli in vetro laminati con cellule fotovoltaiche e da pannellature di lamiera stirata, mentre i fronti laterali sono rivestiti con lastre di ardesia.

giovedì 18 dicembre 2008

Madrid: Herzog & De Meuron per la nuova sede BBVA



Sarà ultimata nel 2013 la futurasede madrilena della banca BBVA. Sostenibilità e innovazione gli elementi chiave del progetto, realizzato a cura degli architetti dello studio svizzero Herzog & De Meuron. Ufficialmente presentato nei giorni scorsi dal sindaco Alberto Ruiz Gallardón e dal presidente della BBVA Francisco González, il nuovo complesso si candida a diventare “la nuova icona della Madrid del XXI secolo”.
 
Una struttura lineare composta da edifici di tre piani disposti in modo da formare un “tappeto” di 100mila metri quadrati sul quale sono incisi percorsi verdi e giardini; una grande piazza circolare ed una torre-icona a forma di disco. È così che si presenta la futura sede centrale della banca BBVA.
 
“Abbiamo proposto la realizzazione di un giardino artificiale – spiegano dallo studio Herzog & De Meuron –  un’oasi, un luogo in grado di stabilire un equilibrio tra il contesto naturale e il costruito, e di funzionare come una piccola città”.
 
Un enorme “tappeto” di edifici si sviluppa seguendo la topografia del sito. Una porzione di tale tappeto sembra esser stata ritagliata a cerchio e poi sollevata in verticale. Ne risulta una torre a forma di disco incastonata in una piazza circolare concava, all’interno della quale sono piantati numerosi alberi che riprendono il verde dei percorsi intagliati nel blocco edificato. Specie di vegetazione differenti consentono di distinguere le diverse aree del “tappeto”, che possono in tal modo conservare la propria identità. La piazza ospita anche un lago artificiale che contribuisce all’umidificazione dell’aria fungendo inoltre da cisterna.
 
I 6.500 dipendenti della banca, attualmente ospitati in dieci strutture diverse, avranno a disposizione nuovi spazi per complessivi 100mila metri quadrati progettati in modo da incoraggiare la comunicazione: all’utilizzo degli ascensori è stato preferito lo spostamento a piedi, in modo da facilitare l’incontro e lo scambio. La trasparenza è l’elemento chiave scelto dai progettisti per trasmettere il senso della comunità, benché le singole unità siano state concepite come spazi dalle dimensioni non eccessive proprio per una maggiore identificazione del singolo gruppo di lavoro. 
 
Non solo creazione di spazi accessibili e adatti alla comunicazione, ma anche grande attenzione alla questione sostenibilità. Candidato alla certificazione americana LEED, il futuro complesso della BBVA consentirà un risparmio di energia pari al 30%; di acqua dal 30% al 50%, e del 70% nel trattamento residui.
La massimizzazione di luce naturale è compensata da strutture frangisole per proteggere gli spazi di lavoro dalla luce diretta, con consequenziale riduzione dell’utilizzo di luce artificiale e climatizzazione. La copertura retrattile facilita il controllo della temperatura dei giardini. Cellule fotovoltaiche e sistemi di recupero di acqua piovana e depurazione acque reflue completano il quadro di un progetto realizzato all’insegna della sostenibilità.

mercoledì 17 dicembre 2008

A Pechino uno showroom verde ‘temporaneo’

Si chiama “Green Technology Showroom” e sorge nel cuore di un’area residenziale di Pechino. Si tratta di uno showroom concepito come struttura temporanea da utilizzare per soli tre anni. Il progetto è stato realizzato dall’architetto cineseGong Dong dello studio Vector Architects, su commissione della società CR Land.

“Il progetto – spiegano gli autori – nasce dall’idea di sviluppare il concetto di “temporaneità” da una prospettiva significativa; di realizzare una “installazione” fluttuante all’interno di un giardino che potesse essere facilmente costruita, demolita e riciclata, con il minore impatto possibile sul contesto”.
 
Lo showroom temporaneo di Vector Architects ha la forma di un parallelepipedo. Il sistema strutturale è stato realizzato in acciaio, materiale scelto sia perché facilmente riciclabile, sia perché consente tempi di montaggio piuttosto brevi.
 
La struttura è stata immaginata sollevata rispetto al suolo al fine di ridurre il più possibile i lavori di scavo, con un consequenziale più facile recupero del suolo al momento del previsto smontaggio. 
 
Un sistema di pannelli verticali su cui è stata applicata dell’erba riveste le due pareti longitudinali e la copertura dello showroom. Tale involucro “verde” assicura la minima dispersione di calore migliorando l’efficienza termica di tutto il volume.
“Sebbene il prato dell’area sia stato rimosso per lasciare spazio alla struttura, abbiamo in realtà triplicato il verde iniziale utilizzando i panelli di prato per il tetto e le due facciate”.
 
Realizzato tra maggio e luglio del 2008, il CR Land Guanganmen Green Technology Showroom sarà operativo sino al 2011. Con lo smontaggio, i pannelli di erba saranno riutilizzati per la ricostruzione verde dell’area.

Pescara inaugura Huge Wine Glass di Toyo Ito


Domenica 14 dicembre Pescaraha ufficialmente inaugurato Huge Wine Glass, un’opera di arte contemporanea firmata dal giapponese Toyo Ito: un enorme calice di vino in resina acrilica che si presenta come un cubo trasparente contenente un’anima di fluido rosso. Installata in piazza della Rinascita, l’opera si candida a diventare il fulcro artistico di una città che intende aprirsi verso la contemporaneità dell’arte.
 
Huge Wine Glass è un parallelepipedo a base quadrata (2m X 2m) che si sviluppa per cinque metri di altezza. Il monumento è stato prodotto da Clax Italia con una resina acrilica (polimetilmetacrilato PMMA) che, eccezionalmente utilizzata per un’opera di tali dimensioni, ha consentito di mantenere lucentezza e trasparenza.
Grazie all’incollaggio di polimerizzazione, si può ottenere infatti un’anima pura, libera da strutture di giuntura o sostegno visibili. Ne risulta un’immagine astratta riconducibile ad un grande bicchiere vino.
 
Le forme sinuose riconducono al movimento cosmico, alla forza della natura e dell’acqua: in questo monumento non esistono ombre, poiché la profondità si nota solo grazie dalla gradazione della tinta del materiale acrilico colorato.
La luce non ha rifrazione perchè il materiale colorato e quello trasparente si fondono sulla superficie di confine, creando una nuova tridimensionalità che può variare a seconda del punto in cui si osserva il monolite.
 
Il maestro Ito ha presentato la sua opera come un “simbolo di libertà che si incarna nel ribaltamento di ogni legge fisica: un liquido che invece di essere costretto nella forma da un recipiente come un calice, si libera dalla costrizione del suo involucro dettando le regole e la forma”.
 
“Questo evento – ha dichiarato in occasione dell’apertura al pubblico il preside della Facoltà di Architettura “Gabriele D’Annunzio” Alberto Clementi – è solo l’inizio di un’ondata di contemporaneità che coinvolge una comunità che si sta imponendo come teatro di importanti eventi”.
 
La volontà di Pescara di porsi in primo piano nella modernizzazione architettonica e nell’apertura verso l’arte contemporanea è stata espressa anche dal Sindaco Luciano D’Alfonso: “Huge Wine Glass si inserisce in questo percorso come un passo in avanti, grazie ad un connubio artistico fra l’Italia, ricca di antichità, e una realtà diversa come il Giappone”.